L'angina instabile e' responsabile approssimativamente del 50% dei ricoveri nelle unita' di terapia intensiva coronarica.
Presenta una mortalita' del 2% ed una evoluzione in infarto del miocardio del 10 % con una mortalita' ad un anno del 20% circa.
Si tratta di una sindrome clinica caratterizzata da grave e transitoria ischemia miocardica. L'angina a riposo e' la forma piu' grave di angina instabile.
Dal punto di vista anatomopatologico l'angina instabile e' caratterizzata dalla presenza di una placca ateroscerotica eccentrica, ulcerata e fissurata, con presenza di emorragia sottointimale e con emorragia e trombosi endoluminale. La modificazione della placca provoca una modificazione della geometria della stenosi coronarica con improvviso aumento della entita' della ostruzione, attivando meccanismi dinamici, come aumento del tono vasomotore, aggregazione piastrinica, formazione di labili trombi misti.
Da tali presupposti anatomici si evidenzia che il meccanismo patogenetico e' legato non all'aumento della richiesta di ossigeno, ma ad una riduzione dell'apporto, per una caduta del flusso coronarico secondario ad un rapido e transitorio aggravamento della stenosi. Diversi studi indicano che l'angina instabile e' sostenuta da una trombosi coronarica di tipo dinamico, in cui le piastrine giocano un ruolo importante.
Recentemente e' stata anche posta l'attenzione su fattori immunologici mediati da cellule ematiche come linfociti,monociti,come trigger di destabilizzazione della placca e conseguente angina instabile.
Nei pazienti che non vengono stabilizzati con una terapia medica ottimale la coronarografia ha dimostrato che i pazienti con angina instabile presentano una situazione coronarica analoga ai pazienti con angina stabile per quanto riguarda il numero dei vasi interessati e la lunghezza delle stenosi.
La differenza e' nell'anomalo tono vasomotore e nei processi infiammatori che spesso sono presenti in tali patologie.
Salvatore D'Errico
Fonte: European Heart Journal