Le patologie cardiovascolari che più coinvolgono la popolazione globale sono: Infarto acuto del miocardio,Sindromi coronariche acute,Malattie ischemiche del cuore,Insufficienza cardiaca.
Altre malattie cardiache sono tutte quelle classificate in ICD9 dal n°421 al 429 oltre alla pericardite acuta ,a malattie reumatiche del cuore e malattie ipertensive
La Classificazione internazionale delle malattie (ICD) è un sistema di classificazione nel quale le malattie e i traumatismi sono ordinati per finalità statistiche in gruppi tra loro correlati ed è finalizzata a tradurre in codici alfa-numerici i termini medici in cui sono espressi le diagnosi di malattia, gli altri problemi di salute e le procedure diagnostiche e terapeutiche.
In particolare:
- endocardite acuta e subacuta
- miocardite acuta
- altre malattie del pericardio
- altre malattie dell'endocardio
- cardiomiopatia
- disturbi della conduzione
- aritmie cardiache
- insufficienza cardiaca
- descrizioni mal definite e le complicanze della malattia di cuore
Le malattie cardiovascolari rappresentano ancora la principale causa di morte nel nostro paese, essendo responsabili del 44% di tutti i decessi. In particolare la cardiopatia ischemica è la prima causa di morte in Italia, rendendo conto del 28% di tutte le morti, mentre gli accidenti cerebrovascolari sono al terzo posto con il 13%, dopo i tumori.
Chi sopravvive a un attacco cardiaco diventa un malato cronico. La malattia modifica la qualità della vita e comporta notevoli costi economici per la società. Una rassegna della letteratura (internazionale e nazionale) sottolinea come i fattori di rischio cardiovascolare siano distribuiti in modo fortemente inverso alla collocazione sociale della popolazione.Il documento “Contrasto delle disuguaglianze di salute nei luoghi di lavoro. La patologia cardiovascolare” mette in evidenza che una parte rilevante dei fattori di rischio cardiovascolare sono suscettibili di diagnosi precoce e di efficaci interventi di prevenzione da parte dei servizi che si occupano di prevenzione nei luoghi di lavoro,
“Controlla la tua pressione sanguigna” è lo slogan dell’edizione 2013 della Giornata mondiale della salute (7 aprile).L'ipertensione interessa, nel mondo, un adulto su tre ed è generalmente asintomatica sino al manifestarsi delle complicanze cliniche.
L’Oms afferma che nel 2008 il 40% degli adulti con più di 25 anni d’età aveva la pressione alta e che 17,3 milioni di persone sono decedute a causa di una malattia cardiovascolare.
La pressione arteriosa, come la colesterolemia, è un fattore di rischio epidemiogeno, cioè un fattore che per importanza, diffusione e rilevanza a livello di intere popolazioni e universalità predittiva, è determinante affinché si realizzi una condizione epidemica della malattia. Sia la pressione arteriosa che la colesterolemia elevate derivano largamente dallo stile di vita e sono in grado di spiegare le differenze di incidenza tra popolazioni diverse. Il 90-95% dei casi d’ipertensione arteriosa (ipertensione essenziale) dipende infatti da una cattiva alimentazione, da sovrappeso e obesità, da scarsa attività fisica. L’abitudine al fumo può aggravare la condizione. Solo il 5-10% dei casi di ipertensione è secondaria a una malattia del sistema endocrino o dei reni o dovuta all’assunzione di farmaci. Inoltre, l’ipertensione può comparire durante la gravidanza e complicarla (preeclampsia, eclampsia).
È opinione comune che la pressione arteriosa aumenti con l’avanzare dell’età. In realtà, studi ecologici hanno dimostrato che in alcune popolazioni questo incremento è molto limitato e dipende largamente dal consumo di sale nell’alimentazione (Studio Intersalt).
La pressione arteriosa è il fattore di rischio più importante per l’ictus, per l’infarto del miocardio, le arteriopatie periferiche, l’insufficienza renale cronica, la retinopatia. I livelli di pressione predicono inoltre la mortalità totale, la speranza di vita e contribuiscono a predire anche cause di morte non cardiovascolari. 10 mmHg in meno di pressione arteriosa sistolica o 5 mmHg in meno di pressione arteriosa diastolica spiegano la riduzione del rischio di ictus del 40%, quello dell’infarto e delle altre patologie coronariche del 20-25%; pertanto ridurre la media della pressione arteriosa nella popolazione permette di ridurre il rischio di sviluppare l’ictus, l’infarto del miocardio e altre patologie coronariche, lo scompenso cardiaco, la fibrillazione atriale, le patologie legate all’invecchiamento (demenza e disabilità) e di morire per cause cardiovascolari.
La pressione arteriosa sistolica è negli uomini di età 35-69 anni il fattore di maggior peso nel calcolo del rischio cardiovascolare globale a 10 anni,
Le linee guida internazionali(CHEP, ESH/ESC, JNC VII, NICE, VA/DoD) raccomandano come obiettivi pressori da raggiungere valori inferiori a 140 mmHg per la pressione sistolica e valori inferiori a 90 mmHg per la pressione diastolica (SNLG-ISS, 2008; Mancia et al., 2013).
I valori di pressione arteriosa a cui iniziare la terapia farmacologica possono essere diversi a seconda delle linee guida di riferimento; in generale prevale l’atteggiamento che porta ad iniziare il trattamento farmacologico anche in presenza di valori pressori di poco superiori alla norma se sono presenti fattori di rischio cardiovascolare (diabete, pregressi eventi cardiovascolari). Il trattamento antipertensivo precoce in pazienti con ipertensione lieve è risultato ridurre il rischio cardiovascolare (sotto il 3-6% a 5 anni) a differenza di quanto osservato nei pazienti ad alto rischio (anziani ipertesi, pazienti ipertesi con diabete o con precedenti malattie cardiovascolari) i quali anche dopo trattamento con terapia adeguata tendono a mantenere un rischio comunque elevato (12-14% a 5 anni) (Zanchetti, 2009).
D.ssa Rita Salotti
[Rita Salotti è farmacista. E’ stata Direttore del Servizio Farmaceutico Territoriale della ASL RMC della Regione Lazio; membro della Commissione di Farmacovigilanza della Regione Lazio,membro del Comitato Etico dell’IRCCS San Raffaele Pisana di Roma.]